Genziana maggiore

Gentiana lutea

in dialetto è conosciuta come Gensana

Pianta erbacea perenne con grassa radice a fittone, assai lunga e di colore bruno-giallastro, di fusto eretto (1,2 m). Le foglie, di grandi dimensioni, sono ovali, opposte, peduncolate corte quelle inferiori, sessili quelle superiori, solcate da nervature convergenti all’apice. In estate compaiono i fiori di colore giallo, posti in gruppi da 3 a 10 all’ascella fogliare. Si trova frequentemente sui prati e nei pascoli delle Alpi e degli Appennini, dai 700 m fino ai 2500 m di quota. Secondo la leggenda il suo nome deriverebbe da Gentium, re dell’Illiria (Jugoslavia) del II secolo d.C., che ne scoprì le virtù e la usò per primo a scopo terapeutico; mentre Lutea vuol dire gialla. La radice di genziana va raccolta in primavera. La droga si essicca al sole o in ambiente asciutto ed areato dopo averla pulita a secco e tagliata in piccoli pezzi; va essiccata al punto che, spezzandola, riveli all’interno il tipico colore giallo. Non va mai usata fresca. La genziana va conservata in luogo asciutto ed in recipienti chiusi, perché igroscopica. La radice essiccata immersa in acqua si rigonfia fortemente diventando flessibile. La radice della genziana contiene vari principi attivi consistenti in sostanze amare. Fra questi i più importanti sono: la genziopicrina e la amarogenzina, la sostanza più amara che si conosca. Contiene anche alcaloidi (genzianina) e diversi zuccheri, enzimi, tannini e pectina. Conosciuta da tempo immemorabile, già ai tempi di Dioscoride e di Plinio (I sec. d.C.) era usata contro il morso dei serpenti, contro le malattie del fegato e dello stomaco, contro il mal d’occhi, ecc. Nel secolo XVI era usata come antidoto contro le punture degli scorpioni, come vermifuga e febbrifuga. Prima della scoperta dei chinino fu il rimedio più usato contro la febbre malarica. In quei tempi si diceva che chi nel suo orto coltivava la salvia, l’assenzio e la genziana, aveva la farmacia a portata di mano. Coltivata durante il Medioevo, alcune leggende raccontano di cavalieri colpiti da incantesimi d’amore per la bellezza della Genziana, per la magnificenza dei suoi colori e per il suo fascino. Oggi la genziana è ancora usata come antielmintico per bambini, ma specialmente come panacea contro tutti i disturbi digestivi, la gotta, la febbre. I principi amari della Genziana sono utili anche per stimolare e bilanciare la secrezione dei succhi gastrici e biliari. Stimola inoltre la produzione di leucociti utili per combattere le astenie e le convalescenze da malattie infettive, è da ritenersi un buon depurativo del sangue, utile perciò contro le affezioni reumatiche. L’infuso di Genziana può essere impiegato per la pulizia del viso contro la pelle grassa e per schiarire le lentiggini mentre il decotto viene usato esternamente per enteroclismi contro i vermi intestinali: per il decotto, bollite per 1 minuto 2 g di genziana maggiore (radice spezzettata) in 2,5 dl d’acqua e bevetene 2 tazzine al giorno in caso di stanchezza fisica e intellettuale.

In cucina la “Gensana”, avendo sapore molto amaro, è utilizzata per la produzione di aperitivi, amari, digestivi, vini aromatici e acquavite oltre ad essere l’ingrediente di pastiglie e caramelle come lo zucchero matricale. Per la preparazione del Vino di genziana maggiore, ponete in infusione 10 g circa di genziana maggiore (radice) in ½ bicchiere d’acqua fredda per 12 ore; trascorso questo periodo versate in bottiglia assieme a 1 l di vino bianco secco. Lasciate riposare per 1 settimana, quindi filtrate. Consumatene ½ bicchierino prima dei pasti principali per un effetto aperitivo, dopo i pasti principali per aiutare la digestione difficile.

Repertòre di èrbe e piante bergamasche de mangià (tratto dal libro “Profumi e sapori di un tempo”, a cura di Cristian Bonaldi con la consulenza di Bonaldi Ruggero e Innocenti Maurizio – Corpo Forestale dello Stato).