Buon enrico

Chenopodium bonus-henricus

in dialetto è conosciuto come “Parüch, Spinasse, Farinèl”

Pianta erbacea perenne a volte quasi arbustivo con portamento eretto-ascendente a forma vagamente piramidale della famiglia delle Amaranthaceae. Il nome generico (Chenopodium) deriva dalla particolare conformazione delle foglie simile al piede dell’oca: dal greco ”chen” (= oca) e ”pous” (= piede) oppure ”podion” (= piccolo piede). Il nome specifico (bonus-henricus) è stato assegnato da Linneo per onorare Enrico IV di Navarra, chiamato appunto dai francesi “Le bon Henry” che tra l’altro fu un protettore dei botanici. Altri testi propongono un’altra etimologia: in riferimento al dio della casa “Enrico” in quanto queste piante facilmente crescono vicino alle abitazioni. Sulle Alpi e sugli Appennini si trova fra il bosco a castagno e il limite delle conifere presso le malghe, luoghi incolti o ruderali ma concimati. Sui rilievi, il parüch si può trovare dai 500 fino a 2100 metri e hanno un’altezza che può oscillare da 20 a 60 cm. La disposizione delle foglie lungo il fusto è alterna. Le foglie sono intere e farinose; sono picciolate e saettiformi o triangolari-astate con base troncata. La larghezza massima della foglie è nella parte inferiore della lamina. In genere il colore delle foglie di sopra è verde scuro e di aspetto farinoso e più chiaro di sotto. Alla base possiedono due grossi denti rivolti verso il basso, mentre il resto della lamina è lievemente ondulato. Il frutto è una capsula che alla maturità diventa carnosa e succosa. Ogni frutto contiene un solo seme bruno-lucente, punteggiato molto minutamente a forma obvoide o più semplicemente rotonda. 

Queste piante sono dotate di un olio essenziale chiamato ”essenza di chenopodio”, contengono inoltre betalaine e altre sostanze come ferro e vitamina B1. Contengono inoltre saponine e acido ossalico Questa erba è emolliente, lassativa e vermifuga. Un cataplasma ottenuto con le foglie veniva usato per pulire e rimarginare ferite croniche, scottature e ascessi. È ricco di ferro e combatte l’anemia. I semi sono un blando lassativo, adatto per i bambini. È una pianta conosciuta sin dall’antichità e apprezzata per il suo valore nutritivo: spesso raccolta, lessata e consumata in vari modi. Anticamente considerato un alimento povero, oggi è molto ricercato in quanto sostituisce lo spinacio comune. Si cucina come una comune verdura, lessa o soffritta in padella. Si preferiscono i germogli o le cime immature delle giovani piante. Si possono usare le foglie giovani crude condite con olio, pepe, succo di limone e con aggiunta di gherigli di noci formano un’ottima insalata. particolarmente pregiati nei ripieni, ma anche nel minestrone, al burro, nelle frittate. I getti fiorali si possono consumare come gli asparagi. Una delizia da gustare è il “Parüch con la panna nostrana”.

Repertòre di èrbe e piante bergamasche de mangià (tratto dal libro “Profumi e sapori di un tempo”, a cura di Cristian Bonaldi
con la consulenza di Bonaldi Ruggero e Innocenti Maurizio – Corpo Forestale dello Stato)