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Alchemilla
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Aparine
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Rovo
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Capsella bursa-pastoris
in dialetto è conosciuta come “Bórsa del pastùr”
La Capsella bursa-pastoris, nota come borsacchina, borsa del pastore o erba raperina, appartiene alla famiglia delle Brassicaceae. E’ una pianta erbacea perenne che si adatta a qualsiasi tipo di clima e di terreno; vegeta negli orti, sui prati incolti ma anche coltivati, nelle radure e boschi. La diffusione altitudinale varia da 0 a 1800 metri sino a 2600. La denominazione botanica, al pari di quelle comuni, fa riferimento alla caratteristica conformazione dei frutti, che sono delle tipiche silique triangolari e rigonfie, simili alle caratteristiche borse dei pastori. Questa pianticella erbacea minuscola, ma di rapidissima crescita, fiorisce in continuità dal periodo di maggio fino ad ottobre e si dissemina con estrema facilità; nel corso dell’anno, infatti, possono succedersi così diverse generazioni. Di questa specie erbacea si raccolgono le sommità fiorite o anche la pianta intera, escluse le radici, di preferenza prima della fioritura e dell’ingrossamento dei frutti, a primavera o anche nel corso dell’estate o dell’autunno. È preferibile usarla fresca. Quando è essiccata, viene conservata di preferenza in sacchetti di tela, di juta o anche di carta, in luoghi particolarmente asciutti.
Secondo la tradizione popolare, i pastori ben conoscevano da tempi assai remoti le proprietà terapeutiche di questa erba, di cui impiegavano il succo fresco per arrestare le emorragie delle pecore; effettivamente, è accertato che, soprattutto allo stato fresco, la borsacchina ha proprietà emostatiche e che, perciò, può sostituire altri vegetali utilizzati a tale scopo, come la segale cornuta e l’idraste. A questa funzione ne vengono aggiunte altre dalla medicina popolare e da varia letteratura: gli utilizzi riconosciuti sono quelli per contrastare i disturbi del ciclo mestruale, drenare i liquidi corporei e rendere funzionali le vie urinarie. Le si attribuiscono inoltre virtù antiscorbutiche, astringenti, diuretiche, emmenagoghe, ipotensive, stimolanti, vasocostrittrici, vasodilatatrici e antidiarroiche (per questo la pianta è stata utilizzata a volte anche in tempo di guerra); aiuterebbe anche a combattere l’ittero e il fuoco di S. Antonio e a limitare la fertilità. Il fusto è pure usato contro le infezioni della pelle. Un altro utilizzo dei semi della pianta è quello di essere un potenziale antizanzara. Per massaggiare le articolazioni indolenzite si devono macerare per 5 giorni in 500 gr di grappa, 40 gr di borsa del pastore; filtrare con un telino e usare per massaggiare. Contro le mestruazioni dolorose è sufficiente un cucchiaio di Borsa del Pastore in mezzo litro di acqua calda, filtrando dopo 10 minuti; bere con miele a sorsi durante la giornata. La Borsa del pastore è una pianta commestibile dal sapore simile al cavolo. Le giovani foglie possono essere impiegate nelle frittate e sformati o mangiate come “insalata dei campi”; anche la rosetta basale può servire nelle minestre primaverili o come erbette per la minestra. E’ segnalato infine anche l’utilizzo della radice come sostituto dello zenzero.
Repertòre di èrbe e piante bergamasche de mangià (tratto dal libro “Profumi e sapori di un tempo”, a cura di Cristian Bonaldi
con la consulenza di Bonaldi Ruggero e Innocenti Maurizio – Corpo Forestale dello Stato)