Val Brembana
Agazzi record: mille chilometri sulle Orobie
Ha salito 153 montagne sopra i 2.000 metri superando centomila metri di dislivello
L'Eco di Bergamo - 15/09/2007)
153 vette in 90 giorni, pardon 89, non vi dicono molto? Allora provate a considerare questi altri numeri: mille chilometri a piedi (le Alpi nella loro interezza, e cioè dalla Francia alla Slovenia, ne coprono 1.200 circa), più di 100 mila metri di dislivello superati sia in salita che in discesa (una cosa come undici volte l'Everest a una quota naturalmente inferiore), 500 ore trascorse camminando, correndo, arrampicando e, in mezzo, oltre alle 153 cime sopra i 2 mila metri, anche 130 valichi e 130 laghi. Et voilà: l'estate di Maurizio Agazzi è servita. Un record dopo l'altro per celebrare due sue grandi passioni: le Orobie, naturalmente, e l'Atalanta. Perché il giovane alpinista e socio del Cai di Bergamo, originariamente, di vette avrebbe dovuto salirne un centinaio (sempre facendo ritorno a casa), proprio per celebrare il secolo di vita della squadra bergamasca.

Non a caso la prima «sgambata» era partita dallo stadio, lo scorso 18 maggio, in occasione dell'ultimo match casalingo dei nerazzurri. Destinazione monte Alben, dopo aver toccato il canto Alto, il canto Basso, la Corna di Filaressa e il monte Suchello. Oltre quaranta chilometri di fila con il gagliardetto ricevuto direttamente dalle mani del capitano Bernardini nello zaino. Poi giorno dopo giorno, Maurizio si è lasciato «prendere la mano» e alla fine le cime sono diventate più di 150. Davvero un guinness se si considera che all'appello di 2 mila orobici ne mancavano davvero una manciata - meno di una ventina – e che 153 vette in soli tre mesi significano una media di quasi due cime al giorno. Il segreto?

«Ho ripescato dal cassetto una maniera di andare in montagna che era praticata moltissima anni fa – spiega Agazzi – sto parlando del “concatenamento”, ovvero di ascensioni appositamente studiate tra due o più vette da salire in un'unica uscita naturalmente con un impegno in termini di tempo significativo: mediamente tra le 8-10 ore filate con punte comprese tra le 13 e le 15 ore. Giusto per fare un esempio, un concatenamento di rara fatica ma di sicura soddisfazione consigliabile a quanti sono in cerca di un'alternativa al classico Sentiero delle Orobie orientali è il tratto in cresta che unisce i rifugi Calvi e Rifugio Gemelli. Tratto che consente di toccare le cime dei monti Cabianca, Valrossa, Frati, Pradella, Valsanguigno e Farno durante la stessa escursione. Per inanellare tante cime in così poco tempo, anche la velocità ha avuto un ruolo importante:soprattutto le prime uscite sono state affrontate con un passo molto veloce tipo “sky race”, naturalmente questo è stato possibile grazie a una preparazione accurata durante l'intero inverno».

E non solo. Perché, gli ultimi allenamenti saranno stati anche importanti, ma l'alpinista, originario di Boltiere, il motore l'aveva già rodato in anni e anni di intensissima frequentazione della montagna. Senza contare i primi esploit, basti citare le avventure del 2003, quando Agazzi diede una «piccola» anticipazione del progetto appena concluso affrontando 130 cime delle Orobie sempre facendo ritorno a Bergamo; l'anno seguente fu la volta dei «giganti» della stessa catena – Coca Redorta e Scais - con partenza dal Palamonti, poi arrivò il progetto sui laghi alpini (2005), mentre la scorsa estate l'obiettivo venne puntato su un centinaio di valichi superati sempre a tempo da record. In fondo quest'anno è stata una specie di grande riassunto che ha messo a frutto tutte le esperienze già maturate nell'ultimo quinquennio: centocinquanta vette, cento laghi e cento passi. Provate a fermarvi un attimo solo e a pensare cosa significa: ogni giorno sveglia alle quattro, quando va bene, una cinquantina di chilometri in auto come minimo, e davanti dieci, dodici ore di cammino a ritmi da skyrunenr o giù di lì. Magari all'inizio non ci sono problemi, ma poi anche il fisico più allenato qualche colpo lo perde e allora non resta che affidarsi alla testa e alla forza di volontà.

«Sono stanchissimo - ammette Agazzi -. Fino alle centotrentesima vetta il fisico ha tenuto splendidamente, poi la fatica si è fatta sentire pesantemente e i recuperi sono divenuti sempre più difficili da gestire. Ciononostante sono contentissimo e conscio di essere riuscito a realizzare l'ennesima avventura, un sogno che difficilmente scorderò. Insomma è stata un'estate fisicamente provante ma indimenticabile; per me e per le Alpi Orobie». Ciò che spinge l'alpinista ad affrontare nuove avventure sempre entro lo stesso bacino è proprio la grandissima passione per le montagne di casa. Non a caso al suo fianco, oltre alla Lega italiana per la lotta contro i tumori, c'è sempre il Cai di Bergamo che, recentemente, gli ha pure assegnato il titolo di «ambasciatore delle Orobie».

«Mi auguro - aggiunge il giovane alpinista - che anche quest'avventura serva a promuovere e rilanciare le nostre Prealpi, un territorio che non finisce mai di stupire. Ci sono zone dell'arco orobico come la Val Fraina posta sopra l'abitato di Premana nel tratto di Orobie Lecchesi, la Val Gerola sopra Morbegno, e soprattutto la Valle del Sellero nella zona del Vivione, magari meno conosciute e frequentate di altri itinerari, dove però si può ritrovare un ambiente ancora intatto, quasi selvaggio. Sono quelle che preferisco e che vorrei contribuire a far conoscere meglio». Dai e dai qualcosa si sta muovendo. Nel bilancio estivo delle Orobie c'è da registrare la presenza - confermata dallo stesso Agazzi - di parecchi escursionisti sui sentieri. «Una presenza non ottimale, ma sicuramente buona - conclude lo scalatore - nonostante i tedeschi, storici frequentatori delle orobie, continuino a mancare. In compenso sono molti di più quelli provenienti dall'Olanda e dal Belgio. Di questo bisogna essere grati anche e soprattutto ai rifugisti, veri e propri custodi delle nostre montagne. A proposito di ringraziamenti anch'io devo farne assolutamente qualcuno, in particolare a Lino Provenzi per avermi accompagnato in automobile alla partenza dei sentieri, a Luca Ricuperati per aver salito con me circa metà delle cime, agli stessi rifugisti, alla Lega italiana per la Lotta contro i tumori, al Cai di Bergamo e naturalmente all'Atalanta. Senza la sua maglia addosso, salire sarebbe stato ancora più difficile». Agazzi ora si sta riposando un po'. Prossimo appuntamento? Una serata a Boltiere il 21 settembre, venerdì, nel corso della quale la Provincia di bergamo gli consegnerà un premio.





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