Val Brembana
Valle Brembana per il rilancio è meglio un consorzio di enti locali
(L'Eco di Bergamo - 17/03/2004)
La gestione e sviluppo degli impianti di risalita nelle stazioni sciistiche dell'Alta Valle Brembana è ormai da tempo divenuta problematica. Fino a oggi le diverse stazioni sono state considerate e gestite come aziende tradizionali di singoli imprenditori privati, tra loro in concorrenza, la cui attività nella realtà dei fatti ha sempre più proceduto inevitabilmente, causa l'imprevedibilità delle precipitazioni nevose e delle condizioni meteorologiche in generale, nella direzione del fallimento economico. Il fenomeno è noto e recepito, e forse diffusamente considerato ineluttabile se è dovuto trascorrere tanto tempo prima che fosse messo in campo un progetto per riscattare la situazione, quale quello denominato Alto Brembo.

Questo programma, tanto pubblicizzato, prospetta l'acquisizione delle singole società detentrici degli impianti di risalita da parte di un solo soggetto imprenditoriale e prevede per la sua riuscita una correlata attività edilizia di importante dimensione ed estensione, necessaria a sostenere un settore alberghiero in grado di recepire numeroso turismo. Esso riconosce la natura economica vera degli impianti di risalita entro il territorio dell'Alta Valle Brembana: imprese che non hanno la possibilità di sussistere se autonome, perché la loro esistenza non porta utili a loro stesse, ma porta in realtà utili a tutte le attività produttive presenti, vale a dire quelle del settore turistico ed artigianale, ormai da decenni gli unici due settori trainanti di questo territorio. Per questo motivo, dunque, occorre considerare gli impianti di risalita essenziali al mantenimento in vita di numerosi paesi, che altrimenti sarebbero già scomparsi sotto il peso della migrazione dei propri abitanti verso il fondovalle o la città. Il progetto Alto Brembo, però, potrebbe anche non giovare quanto sperato alle comunità locali. L'attività edilizia implicita nel programma Alto Brembo, ad esempio, richiede che aree fino ad ora salvaguardate dagli strumenti urbanistici vengano edificate, estendendo ulteriormente la svendita dei nostri territori montani, favorendo il fenomeno della cementificazione e dell'impoverimento ambientale. Il vero salto di qualità nella progettazione economica, invece, si può fare solo se non si perde di vista quanto detto relativamente alla natura degli impianti di risalita come economicamente a servizio di altre forme produttive, e se si persegue l'obiettivo che le dette altre forme produttive beneficate restino effettivamente quelle di proprietà delle comunità locali. Occorre, cioè che siano le comunità locali stesse a possedere e gestire gli impianti di risalita.

In questa realtà territoriale dove la seconda casa, o comunque casa destinata a ospitare il turismo, rappresenta più del 50% del patrimonio edilizio, gli impianti di risalita, inoltre, assumono sul piano funzionale una valenza di infrastruttura primaria, al pari della rete viaria. Sono sostanzialmente opere di urbanizzazione del territorio, perché inscindibili dal patrimonio edilizio esistente, e lo sono anche perché si tratta di strutture sportive, né più e né meno dei campi da calcio il cui finanziamento da parte dei Comuni non è mai stato messo in discussione, perché ritenuti un bene comunitario.

Realistica è la proposta, dunque, di costituire un consorzio di enti locali che acquisisca gli impianti di risalita e attivi una gestione unitaria. Il riferimento preciso è ai Comuni sul cui territorio esistono gli impianti e a quelli limitrofi con un patrimonio edilizio costituito per più del 50% da seconde case, Foppolo, Carona, Valleve, Piazzatorre, Mezzoldo, Valtorta, Branzi, Isola di Fondra e Santa Brigida, unitamente alla Comunità montana della Valle Brembana, ente preposto alla tutela e valorizzazione di questo territorio, e alla Provincia di Bergamo, che attualmente è già impegnata nella promozione turistica dell'Alta Valle e già contribuisce al sostegno economico della stessa, con finanziamenti volti a contenere i danni economici stagionali dei singoli privati, in caso di stagioni con insufficienti nevicate. Questo permetterebbe di evitare le dispersioni di energie fino ad ora avvenute a carico dei singoli proprietari che agivano in concorrenza; permetterebbe di mettere in moto meccanismi e professionalità competenti; permetterebbe di disporre di maggiori energie da utilizzare per il beneficio collettivo di tutto il territorio; e permetterebbe di assorbire le perdite di stagioni sfavorevoli attingendo a denari che, del resto, i Comuni introitano dai proprietari delle seconde case mediante l'Ici e che dovrebbero essere finalizzati anche a sostenere le infrastrutture di cui queste seconde case stesse necessitano, le opere di urbanizzazione. La proposta è qui formulata sulla specifica realtà dell'Alta Valle Brembana, non lontana, però, dalla realtà di tutti i comprensori sciistici provinciali. Da questa considerazione e dalla conseguente estendibilità dei principi, muove l'idea del coinvolgimento della Provincia come pubblica istituzione, in grado di attuare una strategia politica unitaria che giovi ad una serie di realtà caratterizzanti l'area geografica da questa governata.




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