Crescione

Nasturtium officinale

in dialetto è conosciuto come Cressùr

Pianta erbacea perenne della famiglia Crucifere o Brassicacee, anche detta crescione d’acqua e crescione della fontana, originaria dell’Europa conosciuta fin dall’antichità come “insalata che guarisce”: Ippocrate lo raccomandava come espettorante mentre Dioscoride come afrodisiaco; la Scuola Salernitana lo riteneva un rimedio infallibile come odontalgico, caso nel quale veniva prescritto in decozione vinosa con la corteccia di melograno. È comune nelle acque ferme o lentamente fluenti, o comunque in luoghi assai umidi, lungo i fossi e i ruscelli. Ha fusto lungo, prostrato o natante, con rami fioriferi ascendenti, e foglie carnose, ovali, pennatosette e dentate. I fiori, piccoli, bianchi, a quattro petali, sono riuniti in grappoli eretti e fioriscono tra aprile ed agosto; i frutti sono silique lunghe circa 1 cm. mentre i germogli primaverili e le foglie sono ricche di vitamina C ed E.

Un tempo la pianta veniva usata come rimedio contro lo scorbuto e la febbre. Pare che frizionando il succo di crescione, posto in uguale quantitativo di alcool a 90°, sul cuoio capelluto si arresti, o comunque rallenti, la caduta dei capelli. Il crescione è molto aromatico, ha un sapore acidulo e piccante, molto caratteristico. Ricco, oltre di vitamine, anche di sali minerali, aiuta a disintossicarsi dal fumo e smog, inoltre è un diuretico naturale, fa bene per chi soffre di ritenzione idrica e di ipertensione. Ha anche proprietà digestive e cardiovascolari. In cucina è usato sia cotto (lesso o in zuppa) sia crudo, nelle insalate e negli antipasti. Le piantine vanno conservate fresche, ponendole in sabbia umida, in quanto l’essicazione determina la perdita delle sue proprietà nutritive. E’ efficace anche come pianta aromatica per insaporire purè e formaggi. Le foglie tenere si raccolgono poco prima e durante il periodo di fioritura, tra maggio e giugno, avendo cura di non estirpare le radici e le piante quando sono in fiore.

Repertòre di èrbe e piante bergamasche de mangià (tratto dal libro “Profumi e sapori di un tempo”, a cura di Cristian Bonaldi con la consulenza di Bonaldi Ruggero e Innocenti Maurizio – Corpo Forestale dello Stato).